mercoledì 22 aprile 2009

Non è un Paese per giovani

Viviamo in un momento di crisi epocale, nessuno che abbia contatti con la realtà e non viva isolato nella sua Torre d’Avorio si può sognare di negarlo. E stiamo assistendo ad un’opera meritoria da parte di tutti i principali mezzi di comunicazione che provano in tutti i modi a spiegarci quali saranno gli effetti ed i risultati di questa crisi, quali le opportunità che potremmo sfruttare, quali gli ulteriori rischi cui andremo incontro.
Molto dettagliate sono state anche le spiegazioni riguardo l’origine di questa crisi: da poco più di un anno siamo diventati esperti di gestione del rischio creditizio, tutti sappiamo cos’è un “subprime”; tutti sappiamo perchè il sistema dei mutui immobiliari americani non poteva reggersi ancora a lungo; ci è stato spiegato con dovizia di particolari cosa fosse la pratica della cartolarizzazione.
Ciò che sembra esser mancato è un’analisi un pochino più approfondita di come questa crisi stia impattando qui in Italia e soprattutto quali ne siano le cause di fondo. Dopo tutto sono decenni che in Italia si favoleggia di una mitica Ripresa, che sembra sempre dover arrivare, ma ogni volta, per un motivo o per l’altro, viene rimandata al trimestre, all’anno successivo. Sono decenni che la grande industria italiana versa in condizioni a dir poco agonizzanti, che periodicamente sentiamo parlare di cassa-integrazione, di aiuti governativi. Grazie a ciò, abbiamo fatto un po’ l’abitudine a questo esser precari, a questa sensazione di difficoltà diffusa, e rischiamo di sentirci come la rana nella pentola: siccome l’acqua si scalda poco alla volta, non ce ne accorgiamo quasi, e rischiamo di finire bolliti.
Ma come siamo finiti nella pentola? Perchè riteniamo normale che l’acqua si scaldi ogni anno un pochino di più?
Ho paura che la risposta sia molto, troppo semplice per essere seriamente presa in considerazione. Specialmente perchè non vi è quasi nulla che possiamo fare.
Siamo un Paese di vecchi. Punto. Questo nostro esser “vecchi” comporta tutta una serie di spiacevoli conseguenze, legate al fatto che, come è naturale, chi ha un luminoso futuro dietro le spalle tende a guardarsi indietro e al massimo a conservare ciò che possiede qui ed ora, senza veramente pianificare un futuro che non vedrà mai.

Gli esempi pù eclatanti di questa gerontocrazia che regna sovrana qui da noi li troviamo, ovviamente, in politica e nell’economia. Fa spavento andare a controllare le date di nascita dei nostri politici. Una buona parte di loro ricorda distintamente il lancio dello Sputnik, alcuni addirittura hanno vissuto in prima persona l’avvento al potere di Mussolini e la guerra. Spiace constatare che, in entrambi i partiti maggiori si stia cercando di dare una parvenza di gioventù, andando a precettare e gettare nella mischia candidati sì giovani, ma che hanno la spiacevole tendenza a vagare con aria spersa per i comizi e gli incontri elettorali, incapaci di dire qualunque cosa che non sia ripetere a pappagallo la lezioncina impartita dal Capo. Ovviamente non mancano le lodevoli eccezioni, ma appunto perchè di eccezioni si tratta, non contribuiscono certo a rendere più roseo il quadro, anzi.
La situazione non migliora affatto se andiamo a guardare i quadri direttivi delle nostre aziende, piccole, medie o grandi che siano. Con l’aggravante che spesso le stesse persone sono ai vertici di più aziende, con situazioni di conflitto di interessi a dir poco mostruose: se io sono a capo sia dell’azienda acquirente che dell’azienda venditrice, come faccio a fare gli interessi di entrambi?

Ma questo, se vogliamo, non è neanche l’aspetto peggiore della situazione in cui ci troviamo. Ovviamente è perfettamente normale che una persona raggiunga i vertici della propria carriera quando ha maturato una certa esperienza ed un bagaglio di competenze che solo l’età e la pratica possono fornire. Ciò che è meno normale è che poi questa persona si circondi solo di lacchè e yes-men, senza favorire in alcun modo la crescita e la formazione di nuove leve. In nessun altro Paese si ha un così alto numero di imprenditori e professionisti che, raggiunta l’età della pensione, invece di ritirarsi, godersi il meritato riposo e lasciar spazio ai giovani, continua imperterrita a svolgere la propria attività, spesso da solo o al massimo con l’ausilio dei figli. Ausilio, peraltro, che trope volte è meramente simbolico, in quanto la gestione delle effettive leve del potere rimane in capo al patriarca. Innumerevoli sono i casi di aziende che, al momento del fatale e troppo a lungo rimandato passaggio di consegne, sono semplicemente fallite. Fallite poichè i nuovi proprietari non hanno mai avuto la possibilità di sviluppare quelle capacità di comando e di controllo che il vecchio padre-padrone aveva riservato per sè fino all’ultimo minuto.
E che dire poi della libera professione? Come già accennato,siamo invasi di geometri, architetti, avvocati e commercialisti che hanno passato da diversi anni l’età della pensione. Questo porta ad una conseguenza che, sebbene non manifesti i suoi effetti immediatamente, avrà impatti terrificanti man mano che passa il tempo: i nuovi professionisti non hanno alcuna possibilità di esprimersi. Questo perchè, dato che le tariffe degli ordini professionali sono completamente ingessate, senza possibilità di applicare sconti e promozioni, quale cliente, a parità di tariffa, si metterà in mano ad un giovine che ha appena iniziato la professione, piuttosto che al navigato professionista con quarant’anni di esperienza? Ecco quindi che tutti coloro che escono dalle Università e desiderano intraprendere la strada della libera professione devono sottostare ad un’odissea di praticantato e lavori precari che, oltre a non permetter loro di siluppare competenze ed esperienze, ne minano irrimediabilmente il morale.

Purtroppo tutto lascia presagire che stiamo andando incontro ad uno dei fenomeni più drammatici che una società possa affrontare: la Generazione Perduta. Prima o poi, è fisiologico, i nostri amati dinosauri che occupano tutte (TUTTE) le posizioni di comando dovranno abbandonare la sedia. Il problema è che questo fenomeno avverrà solo gradualmente, e ancora troppi anni dovranno passare nell’attesa che Madre Natura faccia il suo corso. Nel frattempo, tutta la generazione nata tra l’inizio degli anni ’70 e l’inizio degli anni ’90 sarà ingabbiata in questa trappola, senza possibilità di uscita, se non l’emigrazione. Sarà una coincidenza, ma nella maggior parte delle scoperte scientifiche vi è una straordinaria quantità di nomi italiani. Che però, stranamente, lavorano in qualche altro Paese.

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